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18 Aprile 2017Il nostro centro Italia ci regala territori tutti da scoprire, questo è il caso della Tuscia, antica terra etrusca che percorsa in moto ha più fascino
di Carlo Nannini (Kiddo)
Chi non si ricorda i siparietti sulla TV di stato fra un programma e l’altro, nei quali apparivano immagini di bellissime località italiane spesso sconosciute ai più, un modo per far conoscere le incredibili meraviglie di un Paese tutto da scoprire e dal patrimonio artistico pressoché infinito?
Se si faceva un minimo di attenzione si scopriva, ad esempio, resti romani, etruschi, ponti e costruzioni rinascimentali a due passi da casa.
Il nostro giro fra i luoghi che vengono denominati, in maniera ampia, come Tuscia, non si limita alla sola provincia di Viterbo come spesso si intendono, ma abbiamo cucito con un itinerario in moto intorno al lago di Bolsena alcuni dei luoghi più belli che furono parte della “nazione etrusca” e che ci hanno fatto immergere, per un paio di giorni, nell’atmosfera dell’Intervallo, con le sue immagini evocative e da cartolina.
Il nostro giro in Tuscia parte dalla Cassia, la strada statale che attraversa Siena e che cuce splendide località come Castiglione d’Orcia, Acquapendente e Bolsena.
Sulla SR2 appunto, facciamo la prima sosta a Bagno Vignoni, celeberrima per la sua vasca di acqua calda nella Piazza delle Sorgenti, di provenienza vulcanica, costruita nel cinquecento e quasi miracolosamente sopravvissuta nel suo nucleo originario. All’uscita del paese si possono ammirare gli antichi resti di alcuni mulini e le canalette usate per rifornire antichissime terme etrusche e romane.
Proseguiamo il nostro viaggio verso sud, quando una interruzione ci costringe ad una breve deviazione su strada bianca. Alle nostre spalle, si intravede l’abitato di Radicofani
La nostra gita ci conduce ad esplorare l’affascinante località vicina a Bagnoregio, ovvero l’antica Civita costruita su una collina di terreno carsico e tufo.
Come un’isola facilmente difendibile da eventuali attacchi, era unita alla “terraferma” da un ponte di tufo, adesso crollato e sostituito da uno in cemento, ma l’aspetto surreale della cittadina medievale non perde di fascino, anzi.
Civita di Bagnoregio è nota come “la città che muore” poiché soprattutto negli anni passati fette di collina precipitavano quasi senza preavviso, lasciando tagliati a metà intere case o edifici, venendo così abbandonata quasi del tutto dai vecchi abitanti. Nacque intorno a questo fenomeno addirittura una leggenda su come il Diavolo in persona scavasse intorno a Civita perché gli rodeva ancora che il suo uomo di fiducia, Erode, non fosse riuscito ad uccidere Gesù. Soltanto l’intervento di numerosi esorcisti riuscì a fermare il demonio e a ricacciarlo negli inferi.
Oggi, la cittadina è visitata da numerosi turisti, per arrampicarsi sul ponte si pagano 1,50 euro e numerosi sono i locali e ristoranti aperti o in ristrutturazione. Sembra che l’agonia della città che muore debba durare ancora un bel pezzo.
Interessanti i punti di controllo di alcune frane che stanno continuando a togliere pezzi di collina.Di alcuni palazzi si può osservare soltanto la facciata, mentre il resto è crollato.
Un altro suggestivo paese della Tuscia, che in antichità si liberò dal giogo del dominio viterbese per giurare fedeltà a Roma e per questo numerose sono le tracce che richiamano al senato romano è Vitorchiano, un’altra città costruita su un promontorio di tufo dalle origini etrusche. È interessante notare come in ogni caso le città fondate dagli etruschi (Volterra, Viterbo, Pitigliano, Tuscania, Orvieto) abbiano caratteristiche molto simili perché oltre ad essere su un promontorio elevato e quindi difendibili facilmente consentono di scavare gallerie nella pietra morbida come il tufo, che permettono ulteriore rifugio ma consentono di ricavare cantine per la conservazione dei cibi.
Vitorchiano si presenta così arroccata sulla montagna in modo che le costruzioni formino una muraglia che si confonde con la natura stessa, prendendone il posto in straordinaria armonia.
Relegata in un parcheggio panoramico sulla città una scultura dell’isola di Pasqua, scolpita in peperino, una delle pietre locali, da alcuni indigeni di Rapa Nui. Si tratta dell’unico esemplare di questo tipo al di fuori dell’isola di Pasqua.
Vitorchiano ha l’aspetto meraviglioso affascinante e triste delle bellissime località del centro Italia dove la bellezza dei tanti scorci di case costruite in pietre scalpellate è pari solo al numero dei cartelli di “affittasi” o “vendesi”, segno che la località, al di fuori delle rotte turistiche più classiche sta perdendo popolazione quasi continuamente.
Riprendiamo la moto per arrivare a Tuscania, vera meta del nostro itinerario, quando ci imbattiamo in località Terme in provincia di Viterbo, in alcune vasche antichissime piene di acqua termale, resti di architetture romane, che permettono ad alcuni oziosi bagnanti di sguazzare all’aria aperta nel fresco di un tardo inverno.
Nel parcheggio gratuito in un campo fra la provinciale, una caserma e alcuni fabbricati commerciali sono parcheggiati alcuni camper e auto, e i bagnanti escono con ciabatte e asciugamano per infilarsi a mollo in una scena quasi surreale.Questa, insieme alla chiesa romanica di Santa Maria Maggiore, subì molti danni in seguito al terremoto del 1971 al quale seguì il restauro.Perdersi fra le stradine di Tuscania consente innumerevoli scoperte, e ogni angolo offre scorci di una bellezza unica come quelli su San Pietro e sul Rivellino, il colle che ospitava il palazzo comunale fino al ‘600 anch’esso poi abbandonato e crollato in seguito ad un terremoto. Come non tornare ancora una volta alle immagini del’”Intervallo” e raffigurarci questi campi arricchiti da antichissimi resti in prossimità dei quali un pastorello suona il flauto mentre pascola le pecorelle?
Uscendo da Tuscania abbiamo infine la fortuna di una scoperta incredibile: un trullo, o un nuraghe costruito sulla base di un’antica tomba etrusca da un intraprendente pastore. È la “Casa di Sasso”, ospitata fra le erbacce nella proprietà privata di un agriturismo.
I tesori innumerevoli che conserviamo malamente in Italia, forse troppi per essere apprezzati o censiti minimamente sono irrimediabilmente destinati ad essere erosi dalle intemperie, rovinati dai crolli o dalle erbacce. La diffusione e la conoscenza del nostro patrimonio culturale e artistico potrebbe essere la fortuna del Bel Paese, ma probabilmente la stessa eredità culturale che chiunque sia venuto per dominare una terra dalle straordinarie caratteristiche climatiche e ambientali ha voluto in qualche modo lasciare, è anche la stessa che ci obbliga a pensare al nostro guadagno immediato, ai pochi spiccioli che ci possono far campare meglio del vicino, piuttosto che a investire seriamente in una politica di valorizzazione e diffusione della cultura.
Riprendiamo la moto per costeggiare il lago di Bolsena in direzione di Pitigliano dove, nonostante la giornata fredda e spazzata dal vento, incrociamo numerosi motociclisti attratti dalle belle strade e dalle specialità culinarie del lago, come ad esempio il Coregone, un pesce tipico e dall’Est Est Est, celebre vino bianco da gustare preferibilmente in loco, che deve il nome ad una sorta di punteggio che un messo cardinalizio assegnava ai migliori vini della zona. “Est”, ovvero “è” significava che il vino era buono, mentre in questo caso aveva ottenuto una sorta di triplice punteggio.
Arriviamo per concludere la nostra gita a Pitigliano, che dopo la visita a Vitorchiano ci appare come la stessa città in scala maggiore ma con caratteristiche assolutamente simili.
Celebre per le vie cave etrusche e le necropoli, Pitigliano conserva un caratteristico centro storico ereditato dal dominio degli Orsini che la cedettero al Granducato di Toscana dei Medici nel ‘500 e successivamente soltanto nel corso del diciottesimo secolo ai Lorena, che ne formarono in buona sostanza l’aspetto attuale, restaurando numerosi edifici.
La nostra gita continua sulle bellissime strade che ci portano verso Murci, Roccalbegna per concludersi in un anello intorno al lago di Bolsena fino alla Val d’Orcia, dalla quale eravamo partiti. Non abbiamo foto di questo tratto, anche perché è il più bello da guidare anche se le strade che ci ricordavamo così entusiasmanti sono spesso devastate dall’incuria, uno scenario che purtroppo in questi giorni ci è diventato spiacevolmente familiare. Peccato, perché l’eccellenza italiana meriterebbe davvero una cura maggiore.